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Il Miracolo continua

Le Suore della Provvidenza continuano infatti il suo messaggio di totale affidamento a Dio e di incondizionato amore ai poveri, ai bambini e agli adulti, agli ammalati, agli anziani e alle famiglie povere. In Italia, in Brasile, in Uruguay, in Togo, Costa d'Avorio e Benin, in India, in Bolivia, in Romania e Moldavia, in Birmania.

Continua l’opera di padre Luigi, nell’umiltà di un fedelissimo servizio quotidiano delle sue "fiutis" (figliolette), come lui amava chiamare in friulano le sue suore.

San Luigi è oggi più che mai vivo nell’amore evangelico che sospinge le Suore della Provvidenza a travalicare le nuove frontiere della sofferenza di quest’umanità inquieta, a donare la testimonianza più vera per la nuova evangelizzazione, che per il santo friulano aveva un nome solo e un unico metodo: "Carità, carità, salvare anime e salvarle con la carità".

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Il santo dell'AIDS

La fama della sua santità si propagò subito tra il popolo. Non soltanto i credenti salutarono la morte di un santo, ma persino gli anticlericali. Gli stessi cinque quotidiani non cattolici di Udine, liberali, anticlericali e massonici, riconobbero l’eccezionalità della sua figura di prete. Una testimonianza tra tutte, tratta dal giornale "Il Friuli", notoriamente mangiapreti: "Pare impossibile – scrisse -, ma questa volta il filantropo è un prete… è don Luigi Scrosoppi, un bravo ministro di dio (con la "d" minuscola, sic), che si prestò sempre con zelo per il bene del suo prossimo e si adoperò per l’istituzione di parecchi istituti di beneficenza".E da subito cominciarono le grazie, le guarigioni fisiche e morali, attribuite alla sua intercessione.

Il processo ordinario per il riconoscimento della sua santità si svolse dal 1932 al 1936.

Le sue virtù eroiche furono riconosciute ufficialmente da Paolo VI il 12 giugno 1978.

Giovanni Paolo II lo proclamò solennemente beato in piazza San Pietro il 4 ottobre 1981. L’ultimo miracolo, ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa, necessario per la tappa della canonizzazione, fu compiuto a favore di Peter Chungu Shitima, nello Zambia. Studente dell’Oratorio di san Filippo in Sudafrica, si ammalò di polineurite periferica agli arti inferiori e della sindrome cachettica, insomma ammalato di AIDS in fase terminale. Fu mandato a casa in Zambia dagli stessi medici, perché morisse in famiglia. La comunità dell’Oratorio, i parrocchiani e la stessa famiglia cominciarono a chiedere la guarigione di Chungu per l’intercessione di padre Luigi, di cui Chungu era molto devoto. Una notte sognò padre Luigi che lo rassicurò sulla sua guarigione. Il giorno dopo cominciò ad alzarsi e a star bene, come prima della malattia. Ora si trova di nuovo in Sudafrica ed è sacerdote!

Giovanni Paolo II riconobbe ufficialmente la santità di padre Luigi nel Concistoro pubblico del 23 marzo 2001.                                                                                                             
La solenne canonizzazione avvenne il 10 giugno 2001, in piazza san Pietro alla presenza di migliaia di fedeli provenienti dal suo Friuli e da tutte le parti d’Italia e del mondo, ove ancor oggi, e sempre con lo stesso zelo per i poveri, operano le sue amatissime suore.

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Morte esemplare di un Santo

La morte di padre Luigi fu esemplare. Aveva chiesto di diventare copia di Cristo e la sua malattia finale fu una sorta di Calvario, fatto di sofferenze fisiche e morali, che egli seppe affrontare con uno spirito di completo abbandono in Dio.

Si era preparato con il "noviziato al Cielo", sotto la direzione di suor Agostina, cui aveva chiesto di rinfacciargli difetti e colpe oltre che di imporgli penitenze dure e umilianti. Per vincere la sua renitenza, il santo si gettò in ginocchio, implorandola in virtù della santa obbedienza a fargli da maestra di noviziato: "Aiutiamoci a vicenda a diventare santi", l’incoraggiò.

La malattia e la morte non lo colsero impreparato, anche se il medico faticò a convincerlo di stare a letto: aveva ancora troppe "faccende da sbrigare" per dare importanza "a una malattiucola come questa", spiegava.

Si trattava di penfigo, una forma grave di dermatite purulenta. Diceva: "Così è piaciuto al nostro buon Padre che è nei cieli, e così deve piacere anche a noi".

Oppure, nei momenti di maggiore sofferenza: "Bonum mihi, Domine, quia umiliasti me" (Ti ringrazio, Signore, perché mi hai umiliato).

Le madri superiori delle case, a turno, si portarono al suo capezzale che diventò la sua ultima cattedra di santità. A ciascuna, immancabile, il suo saluto più caro: "A rivederci in Paradiso". Poi, una notte, gli comparvero le sante Anna, Marta e le sue tre Sante (Maria Maddalena, Maria di Cleofa e Maria Salome): "Le ho sempre venerate – confidò a madre Cecilia, la generale -, sono venute stanotte ad avvisarmi".

Prima di morire volle salutare tutti, anche il muratore, il giardiniere, il manovale, tutti abbracciò. Infine, un ultimo vaticinio per le sue suore: "La congregazione soffrirà tribolazioni, ma poi tutto andrà bene. Debbo partire per il maggior bene della comunità".

Era il 3 aprile 1884, quando a mattina inoltrata, padre Luigi si univa alla compagnia dei santi in Paradiso.

Al suo funerale partecipò una folla enorme. La sua salma, per sua stessa indicazione, fu portata nella casa di Orzano, che aveva comprato per garantire ortaggi e viveri alla Casa della Provvidenza di Udine. Una casa-fattoria che lui visitava di frequente, considerata da lui un’oasi di pace dove finalmente riposare.

Il 23 aprile 1952 l’urna con le sue spoglie fu traslata a Udine, nella chiesa di San Gaetano, alla casa della Provvidenza di Udine, la casa madre delle Suore della Provvidenza.

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Spiritualità di Padre Luigi

La vita spirituale di padre Luigi era profonda e alimentata da semplici ed essenziali elementi. La sua visione teologica faceva riferimento alla teologia della kénosi, all’incarnazione del Figlio di Dio, alla sua umiliazione, alla sua immolazione sulla croce.

Padre Luigi cercò in ogni modo di vivere nella sua vita questa verità di fede: praticò l’umiltà fino al sommo grado, dando per primo l’esempio, cercando in tutto l’annullamento di sé, disfacendosi di ogni sua proprietà, persino dei suoi vestiti. Al termine della sua vita si mise sotto la guida spirituale di una suora, chiedendo a questa di aiutarlo a vincere fin l’ultima resistenza, quella che a lui pareva una pericolosa tentazione: l’orgoglio spirituale di considerarsi alcunché per il fatto di essere un fondatore.

E volle imitare Gesù Cristo nell’immolazione, donando tutta la sua vita al prossimo, trattenendo nulla per sé, mortificandosi di continuo fino a rasentare l’eccesso.

Voleva diventare "copia di Gesù", aveva un grande amore per l’umanità del Figlio di Dio, avvertiva una forte sete di Dio, che soltanto nell’Eucarestia riusciva a placare.

Non disdegnava di coltivare tratti interessanti della religiosità popolare. Uno su tutti, la pratica della comunione dei Santi, la sua devozione a una serie impressionante di santi: dalla Vergine santissima a san Giuseppe, da san Luigi a san Filippo Neri, da san Francesco a san Gaetano da Tiene, alle tre sante Marie del Vangelo.

Tutta la sua vita è stata come un Oratorio condiviso con tutti i santi, di cui avvertiva la compagnia quasi fisica.

Non ha lasciato scritti di grande valore teologico, ma restano alcuni appunti personali e soprattutto restano numerose lettere che il santo scrisse alle sue suore, per incoraggiarle, per seguirne l’itinerario spirituale; in esse trasfuse l’intensità della sua vita cristiana e sacerdotale, in esse si coglie l’essenza del suo dinamismo apostolico.

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